La paella nasce in Spagna e in lingua originale significa padella, ovvero, il basso recipiente di ferro a due manici nel quale è cucinata e servita. La paella si trova preparata nei modi più disparati e ristoranti d’ogni categoria la propongono a volte come valida alternativa ai menù più classici. Dopo aver assaggiato diverse proposte, molte delle quali mi sembravano solo risotti allo zafferano con un po’ di pescato, ho deciso di parlarne con un esperto: Stefano Califano, ravennate, caro amico e profondo conoscitore di gastronomia spagnola. Da oltre trent’anni si dedica alla cultura del cibo iberico attraverso continui viaggi e soggiorni in ogni più remoto angolo di Spagna assaporando, sperimentando e preparando lui stesso ricette assieme a chef importanti e casalinghe.
La mia prima curiosità è scoprire l’origine della paella che, diciamolo una volta per tutte, si pronuncia “paeiia”e non “paiella” come spesso si sente dire.
“La paella – spiega Stefano – è nata nelle case dei nobili del passato anche se, un nobile, mai avrebbe mangiato una paella considerata, da loro stessi, il piatto dei servi”. Una specie di cucina degli avanzi...”Sicuramente – continua Califano – visto che si trattava di ingredienti recuperati dalle tavole dei signori e utilizzati dalla servitù”.
Il problema della paella con carne e pesce preparate assieme potrebbe allora essere un retaggio del passato? “Probabile, perché a quei tempi si univa tutto ciò che si trovava nella tavola, erano, appunto gli avanzi riutilizzati dalle servitù al servizio dei signori. Che fosse pesce, carne o verdure, l’importante era mangiare. Ancora oggi in certe zone della Spagna si trovano preparazioni con carne e pesce destinate per lo più ai turisti perché è rimasto questo retaggio”. Il dilemma carne e pesce, infatti, ha sempre acceso discussioni tra le più disparate, non crede? “Si ma è un falso problema. in realtà, la finezza di una paella deriva dalla particolarità degli ingredienti tipici del luogo stesso dove la si prepara: è questa la forza di gusto di una paella. In alcune zone dell’entroterra spagnolo, ad esempio, si utilizza esclusivamente carne di piccione e pollo, mentre in altre zone si possono trovare preparazioni con selvaggina piuttosto che carne di maiale o vitello. Si gioca sulle variazioni olfattive e di gusto di una famiglia di materie prime. Carne con carne e pesce con pesce. Così come nei territori costieri si gioca sulle risonanze di gusto del pescato: pesce, crostaceo o mollusco che sia”.
Qualche segreto da rivelare per gli amici dell’Enoteca Vineria Fornace? “Mi limito ad alcune annotazioni di metodo – rivela Califano –, innanzitutto è necessaria la caratteristica padella di ferro larga e bassa e che il riso non deve mai superare i 2 centimetri di altezza, escluso gli ingredienti. Inoltre, il brodo deve essere il doppio della quantità del riso, ovvero, mezzo chilo di riso per un litro di brodo. Il riso si gira per i primi minuti e poi non si tocca più per tutta la cottura che deve essere con fiamma molto alta, ed il primo strato di riso si deve leggermente bruciacchiare e attaccarsi alla padella. Infine, occorre lasciare la preparazione a riposo per almeno 10 minuti, in modo che si asciughi completamente”.
La preparazione non è cosa semplice, serve tempo e assaggiando la paella di Stefano ritrovo nel gusto le sue parole.
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